Morte di una giornalista in Bulgaria, Unione Europea

di Franz Giordano e Monica Pietrangeli

Le autorità bulgare escludono che Victoria Marinova sia stata stuprata e uccisa per motivi legati al suo lavoro. Il corpo della giornalista della tv locale Tvn che ha sede a Ruse, la quinta città più importante del paese balcanico, è stato trovato da un passante il 6 ottobre lungo le rive del Danubio, dove Victoria era solita andare a correre.

Ad ucciderla sarebbe stato il 21enne bulgaro Severin Krasimirov rintracciato in Germania vicino ad Amburgo, dove, secondo gli inquirenti, si era rifugiato presso la madre. L’uomo – ha dichiarato il capo della procura Sotir Tsatsarov – era già ricercato per un altro omicidio e stupro.

Il timore che però l’efferata uccisione possa invece essere legata al lavoro svolto da Victoria Marinova resta. Per questo la sezione bulgara dell’Efj ha chiesto la massima attenzione sulle indagini.

La Bulgaria dal 2006 ad oggi è scesa dal 32esimo al 111esimo posto per la libertà di stampa.

Per questo riteniamo che sia importante raccontare di cosa si era occupata Victoria nella prima puntata del suo programma “Detektor”, andata in onda pochi giorni prima della morte. Marinova, oltre ad aver intervistato due giornalisti d’inchiesta del blog Bivol, si era lamentata anche dello stato dei media bulgari e aveva promesso di voler continuare a discutere di corruzione annunciando inchieste condotte da lei stessa.

Prima di raccontarvi l’inchiesta sui fondi europei ancora una suggestione.

Il Parlamento bulgaro, alla vigilia dell’8 marzo scorso ha respinto, a larga maggioranza, il recepimento della convenzione di Instanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne. In quei mesi il premier di centrodestra Boyko Borissov era il presidente di turno dell’Unione europea.

Il Gpgate

Nella prima (purtroppo ultima) puntata del suo nuovo programma, Marinova aveva intervistato i colleghi Dimitar Stoyanov e Attila Biru, autori di una inchiesta pubblicata dal sito indipendente Bivol sull’utilizzo illecito di fondi europei da parte di alcune società bulgare. I due giornalisti hanno scoperto una serie di documenti, in particolare un libro contabile segreto, attraverso cui sono riusciti a smascherare una organizzazione collaudata capace di aggiudicarsi finanziamenti Ue gonfiati per progetti (anche mai realizzati) assegnati soprattutto dal Programma di Sviluppo Rurale bulgaro. Un sistema di corruzione diffusa che coinvolgerebbe imprenditori, funzionari statali, politici locali e oligarchi russi. Al centro dell’inchiesta ribattezzata Gpgate c’è la GP Group, una grande azienda bulgara attiva in molti settori, dall’edilizia alle infrastrutture, fino alla distribuzione di gas e petrolio. Il registro esaminato da Stoyanov e Biru custodisce la contabilità parallela del gruppo che ruota attorno a quattro consulenti: Tatyana Delibasheva, Peter Elen Petrov, Lilyana Zorteva e Teodora Treneva. Sono il livello medio di quella che i due giornalisti definiscono “una piramide che sottrae il denaro dei contribuenti europei”. Secondo le carte in mano ai reporter, in cima ci sarebbe appunto la GP Group. Nei loro articoli, Stoyanov e Biru scrivono: il colosso bulgaro “lavora principalmente attraverso sub-appalti, che ricevono molto meno denaro rispetto a quello riportato dagli organismi di finanziamento”. Il risultato? Scarsa qualità dei materiali usati e milioni di euro sottratti all’Unione Europea e finiti poi in una società offshore, la ESB Sofia di proprietà di un gruppo britannico, il cui titolare è un inglese residente a Cipro. Sul libro contabile, una colonna indica le commissioni, cioè le mazzette pagate a politici e funzionari per aggiudicarsi le gare d’appalto. Una sigla in particolare ha attirato l’attenzione degli autori dell’inchiesta: “deputato del Moew (il ministero dell’Ambiente)”. Seguendo la pista dei soldi, Stoyanov e Biru sono arrivati all’ufficio di gabinetto del ministero, ma non sono riusciti ad identificare con certezza il politico corrotto.

Victoria Marinova, dunque, aveva dato spazio all’accurato e complesso lavoro dei due colleghi. Dimitar Stoyanov e Attila Biru in uno dei loro articoli scrivono che per andare avanti nelle indagini “servirebbe un intervento delle istituzioni europee. E poi bisognerebbe congelare i fondi Ue destinati alla Bulgaria fino al termine di una inchiesta dell’Unione Europea”. Fino ad oggi, però, “l’Ufficio europeo per la lotta antifrode si è dimostrato totalmente inefficace”, aggiungono con amarezza i cronisti, che sono anche stati arrestati dalla polizia mentre cercavano di recuperare alcuni documenti sui finanziamenti utili per la ricostruzione del sistema corruttivo. Dopo essere state trafugate dagli uffici delle società, le carte era no state bruciate. La situazione di difficoltà per i giornalisti in Bulgaria la raccontava lo stesso Stoyanov un anno fa, durante un convegno organizzato a Lipsia dal Centro Europeo per la libertà di stampa (ECPMF): “Sono stato attaccato e minacciato più di venti volte…una pressione orchestrata da quando ho iniziato a lavorare per Bivol, un sito di giornalismo investigativo che affronta temi trascurati dai canali televisivi. L’ultima aggressione l’ho subita nell’agosto del 2017. Alcuni delinquenti mi hanno assalito per strada, davanti a testimoni, dicendomi di smetterla di infastidire i politici con le mie inchieste”. Nel suo intervento, Stoyanov elencava intimidazioni subite da altri colleghi e descriveva un mercato dei media “caratterizzato da un monopolio in cui non sono tollerate voci di dissenso”. Un panorama “pieno di contraddizioni”, sottolineava Victoria Marinova alla fine della puntata della sua trasmissione: “Da un lato, il governo e le imprese esercitano forti pressioni sui proprietari dei media. Il numero degli argomenti vietati cresce sempre di più. E il giornalismo investigativo viene automaticamente rimosso. Dall’altro lato, però, negli ultimi anni stiamo vedendo un innegabile successo del giornalismo investigativo. Molti articoli sono pubblicati dal sito Bivol. Il nostro team si sta impegnando a creare uno spazio per le inchieste e continuerà in questa direzione. Ci occuperemo solo di temi rilevanti per l’interesse pubblico. E questo è il significato di “Detektor”. Il programma tv che scopre le bugie. Che dà priorità alla verità”.