Carcere e media, le regole della ‘Carta di Milano’

All’unanimità il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha varato un Protocollo deontologico per i giornalisti che trattano notizie concernenti carceri, detenuti o ex detenuti.

La Carta (‘Carta di Milano’), valutata in precedenza da alcuni Consigli regionali, è stata subito approfòlondita, con significativi apprezzamenti, all’interno del Carcere romano di Regina Coeli.

Il testo approvato dal Cnog è l’esito di analisi dibattimentali affrontate, gli scorsi mesi, negli Istituti di pena del Veneto e della Lombardia.

Muovendo dalla fondamentale e ribadita esigenza deontologica di rispettare la persona e la sua dignità, la Carta, consapevole che il diritto all’informazione può trovare limiti quando venga in conflitto con i diritti dei soggetti bisognosi di una tutela privilegiata, vincola i giornalisti a osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i cittadini privati della libertà o quelli alle prese con la fase estremamente difficile e problematica del reinserimento nella società.

Il documento deontologico, rilevando che la violazioni di regole integranti lo spirito dell’articolo 2 della Legge =3.02.1963 n.69, comporta l’applicazione delle norme contenute nel Titolo III della stessa legge, detta specifiche indicazioni, rivolte ad ogni forma di giornalismo, sia la tradizionale, sia quelle utilizzate dalla più moderna comunicazione.

Queste le regole:

1 Tenere presente che il reinserimento sociale è un passaggio complesso che può avvenire a fine pena, oppure gradualmente, come previsto dalle leggi che consentono l’accesso al lavoro esterno, i permessi ordinari, i permessi-premio, la semi-libertà, la liberazione anticipata e l’affidamento in prova ai servizi sociali;

2 Usare termini appropriati in tutti i casi in cui un detenuto usufruisce di misure alternative al carcere o di benefici penitenziari, evitando di sollevare un ingiustificato allarme sociale e di rendere più difficile un percorso di reinserimento che avviene sotto stretta sorveglianza. Le misure alternative non sono equivalenti alla libertà, ma sono una modalità di esecuzione della pena;

3 Fare riferimento puntuale alle leggi che disciplinano il procedimento penale e l’esecuzione della pena e alle norme sull’ordinamento penitenziario ( L. 354 del 1975):

4 Fornire dati attendibili e aggiornati che permettano una corretta lettura del contesto carcerario;

5 Considerare che il cittadino privato della libertà è un interlocutore in grado di esprimersi e raccontarsi , ma può non conoscere le dinamiche mediatiche e può, quindi, non essere in grado di valutare tutte le conseguenze e gli eventuali rischi dell’esposizione attraverso i media;

6 Tutelare il condannato che sceglie di parlare con i giornalisti, non coinvolgendo inutilmente i suoi familiari, evitando di identificarlo solo con il reato commesso e valorizzando il percorso di reinserimento che sta compiendo;

7 Garantire al cittadino privato della libertà di cui si sono occupate le cronache, la stessa completezza di informazione qualora sia prosciolto;

8 Tenere conto dell’interesse collettivo ricordando, quando è possibile, i dati statistici che confermano la validità delle misure alternative e il loro basso margine di rischio.

La Carta di Milano precisa che il Cnog si adopererà affinché il tema del rapporto tra informazione e realtà carceraria sia inserito fra gli argomenti oggetto dell’esame professionale.

Invita, infine, i Consigli regionali a favorire rapporti di collaborazione con i Garanti dei detenuti.

Gianfranco Ricci
Consigliere nazionale Ordine dei Giornalisti