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Cassazione conferma la sentenza di condanna per l’aggressione aggravata dal metodo mafioso nei confronti dell’inviata del Tg1 Maria Grazia Mazzola

I  giudici della quinta sezione penale della Corte di Cassazione hanno rigettato il ricorso dei legali di Monica Laera, esponente del Clan Strisciuglio di Bari che a febbraio del 2018 aggredì e minacciò di morte l’inviata speciale del Tg1 Maria Grazia Mazzola. 

La giornalista, da trent’anni cronista storica della prima testata Rai, fu colpita al volto con un pugno dalla donna perché poneva domande sul marito Lorenzo Caldarola, detenuto  e sul loro figlio Ivan, mentre realizzava interviste per uno speciale sui  giovani e le mafie. La giustizia scrive, con questa decisione della Corte di Cassazione, una pagina importante per il diritto di cronaca e ribadisce il diritto dei cittadini ad essere informati.  La condanna definitiva alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione, con l’aggravante del metodo mafioso, per Monica Laera, già condannata in Cassazione per 416 bis (associazione mafiosa), mette fine anche ai tentativi di derubricare la vicenda come l’ennesimo caso di giornalisti che “se la sono andata a cercare”. Già nella sentenza di primo grado i giudici hanno scritto a chiare lettere che “il giornalista costituisce una minaccia seria per le associazioni mafiose, in quanto con il proprio lavoro è in grado di provocare un grave vulnus al muro di omertà che protegge, in una coltre di silenzio, le vicende criminali del clan”. Il pronunciamento definitivo della Corte di Cassazione su questa vicenda riporta nel solco della legalità e del diritto un lavoro, quello di chi fa informazione, che si esercita al servizio dei cittadini: e questo è ancora più vero quando si tratta del Servizio pubblico della Rai.

Esecutivo Usigrai