La vita dietro la porta azzurra. Raccontare i dimenticati

di Loretta Cavaricci

Rebibbia, interno giorno.
Ti aspettano, sanno che arriverai.
Stanno girando un film.
Sono una ventina, e fanno anche teatro in carcere.
Sanno recitare, e interpretano se stessi.
Il set è un corridoio a doppia elle, bianco. Il loro mondo.

E’ un giorno speciale per i detenuti coinvolti, e ne sei consapevole; raccontare la loro vita quotidiana sarebbe sicuramente altra cosa, ma anche questa occasione eccezionale – il dietro le quinte di un film – può aggiungere argomenti alla riflessione. E onestamente aiuta prima di tutto te, cronista: a capire e, quindi, a documentare. Il dovere pubblico di dare voce alla storia degli altri, soprattutto dei dimenticati, dei meno visibili, dei cosiddetti socialmente pericolosi, è linfa vitale per il Servizio Pubblico. E qui si parla di libertà d’espressione, dentro e fuori il tuo lavoro.

Parte la seconda scena,
si registrano gli effetti,
microfoni puntati, è una presa diretta.
Le piccole celle sono chiuse a chiave, porta azzurra.
Intravedi un quadretto con due immagini sacre.
Ciak si gira, ripetiamo.