Primo direttore donna per il Guardian

di Marco Varvello

La nomina a gennaio di Zanny Minton Beddoes a direttore dell’Economist, prima donna nei 172 anni di storia del settimanale, poteva essere vista come la classica eccezione che confermava la regola di un giornalismo anglosassone tradizionalmente maschilista. Mai Times o Telegraph hanno avuto direttrici, che sembravano relegate ai giornalismo pop e trash dei tabloid, come nel caso di Rebecca Brooks, prima e più giovane direttore donna del News of the world e del Sun.

Ma con la nomina di una giornalista al vertice del Guardian l’eccezione si fa più solida.
Sarà Katherine Viner, attuale vice e responsabile dell’edizione americana, a sostituire in estate lo storico direttore Alan Rusbridger, in sella da vent’anni. Non solo: dei quattro nomi della rosa di possibili direttori proposti dall’editore del giornale (lo Scott Trust) , tre erano donne e solo uno uomo. Come dire che la nomina della Viner non è il frutto di una corsa isolata, bensì di una selezione professionale che vede le donne giornaliste ormai in posizione di spicco per i ruoli di vertice. La Viner poi si è imposta per la carriera svolta in 18 anni di lavoro al Guardian e per il gradimento dei colleghi che le hanno dato la maggioranza assoluta dei voti a favore (53%). L’editore insomma si è adeguato al referendum interno, riconoscendo il merito e la popolarità professionale della Viner.

A guardare i curricula delle neo-direttrici si risponde facilmente anche alle domande rimaste: sono state semplicemente scelte le migliori tra i colleghi, di qualunque sesso.

N.B il Guardian è uno dei pochi organi di informazione al mondo a riconoscere ai giornalisti un parere preliminare, seppure consultivo, sui candidati direttori. Votano tutti i giornalisti del quotidiano e del settimanale Observer, dei siti web britannico, americano ed australiano, inclusi i collaboratori esterni che guadagnano la maggior parte del proprio reddito dal lavoro per la testata.
Questa volta hanno votato in 964, ben 438 voti sono andati alla Viner, maggioranza assoluta appunto. Per l’editore difficile non tenere conto di questa indicazione.