#RiformaRai, più avanti e più allettanti di Google e di Facebook

di Michele Mezza
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Il Piano della Direzione generale avvia un percorso, e ci fa uscire dall’immobilismo, ma rischia di sbagliare la direzione.
Per questo, io credo, che si debba sollecitare un confronto negoziale forte, in nome non certo di un prudente rallentamento del corso riformatore, quanto di una maggiore chiarezza e determinazione.

L’obiettivo deve essere quello di rimettere l’informazione della Rai in sintonia con le necessità e le ambizioni della parte più avanzata del paese, intercettando il senso comune della nuova cultura digitale.

La conseguenza di questo processo sarà anche un’ottimizzazione del servizio e un alleggerimento dei costi.
La consequenza, non la causa, tanto meno la minaccia.

Il Servizio Pubblico deve avere una propria idea del nuovo mondo che ci circonda.
Il piano non sembra averla.
La riduzione, ragionieristica, più che progettuale, della pletora di testate in due newsroom verticali, rende meno caricaturale la nostra struttura ma non aggiorna realmente la fabbrica della Rai.

Perché due? Per ammorbidire il colpo? O per mantenere un margine di manovra rispetto alla politica, occhieggiando a un’intesa fra maggioranza ed opposizione?
Come giornalisti dobbiamo rivendicare la centralità dell’informazione per dare competitività e potenza all’azienda pubblica.

Per questo oggi è necessario un grande newsgathering, con desk di messa in onda per ogni singolo canale, autorevoli e sovrani.
Unificare la ricerca delle news è il modo per rendere la Rai la più grande fabbrica unitaria di notizie del paese, secondo per secondo, piattaforma per piattaforma, linguaggio per linguaggio, senza ridurre il pluralismo dei punti di vista.

Un newsgathering che dia alla Rai il primato della scansione dell’informazione del paese, territorio per territorio.

E che le permetta anche di negoziare con le grandi agenzie tecnologiche saperi e competenze per autoprodurre i propri algoritmi.
Ma anche questo non basterebbe.

La partita oggi si gioca sulla capacita di configurare modelli di condivisione della produzione e non solo della distribuzione di news. E li’ che vogliamo cambiare: una grande fabbrica di news che veda il Servizio Pubblico diventare partner dei propri utenti nella selezione configurazione delle news.
Dobbiamo fare quello che le grandi testate europee stanno elaborando: un modo per essere più avanti e più allettanti di Google e di Facebook.

E non solo di essere più gestibili del Corriere della Sera o di Repubblica.